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Solo per oggi

16 Maggio 2020 by Silvia T. 2 commenti

“Volete scrivere un capolavoro e non sapete come fare? Volete mettere alla prova le vostre capacità creative ottenendo grandi risultati? Iscrivetevi subito al nostro corso di scrittura! Solo per oggi, il 50% di sconto!”

Vi è mai capitato di leggere annunci simili? Se la risposta è no, siete fortunati! Io, non so perché, essendo chiaramente per i social un profilo interessato alla scrittura e alla lettura, vengo letteralmente subissata di queste “favolose offerte lampo”!

La pubblicità è pubblicità e deve vendere e su questo non si discute ma, se avete cinque minuti, vi dirò perché questi annunci mi perplimono e non poco.

Innanzitutto, il tono. Il target di questi annunci non è lo stesso di quello di un supermercato o di un venditore di mobili. Non stiamo parlando di far comprare un dentifricio con il 3×2 o un divano (sì, mi sto chiaramente riferendo a quella famosa marca di divani che promuove un “solo per oggi” da che ho memoria). Un corso di scrittura vende delle capacità non i prosciutti. Quindi, il linguaggio (e noi sappiamo quanto le parole sono importanti!) è del tutto inadatto. E mi viene da pensare che chi non capisce questo, non possa insegnarvi a scrivere…

Ma la cosa peggiore e che mi fa anche abbastanza arrabbiare (devo essere onesta) è assicurare il risultato.

Io posso farti il miglior corso di scrittura del mondo, dell’universo e darti tutti gli strumenti per scrivere un buon libro ma, anche se tu lo frequenti, puoi sempre scrivere una schifezza.

Cos’è, soddisfatti o rimborsati? Non credo proprio si possa fare questa cosa con delle capacità.

Per cui vi dico, non credete a queste vane promesse di gloria, perché sono false! Non è che un corso di tre mesi vi possa trasformare in Italo Calvino… e, se vi state ponendo la domanda, non vi farà neanche scrivere il nuovo Harry Potter!

Se state cercando un corso di scrittura serio cercatene uno che sia effettivamente in grado di trasmettervi delle capacità.

Tra queste:

  • imparare a leggere. Non finirò mai di dirlo, un bravo scrittore è una persona che legge. E bene. Se fate vostra questa abilità, oltre al piacere di migliorare le vostre letture, scoprirete i passi avanti che può fare la vostra scrittura;
  • l’analisi dei testi e delle strutture di altri romanzi. Se qualcuno ha scritto dei capolavori veri, dei libri immortali, un motivo ci sarà? Non smettiamo mai d’imparare da loro;
  • mettersi in gioco. Quando io ho dovuto approcciare ad un corso di scrittura ho cercato qualcosa che avesse anche una parte pratica. In cui, insomma, si scriveva. E la prima volta che ho dovuto leggere il mio racconto di fronte a dei semisconosciuti era nervosa (tanto perché ci tenevo…tanto!) ma l’ho fatto. E questo mi ha insegnato quanto sia bello avere apprezzamento per i tuoi scritti e il valore enorme di una critica e di un confronto ben fatto.

E tutto questo, non è solo per oggi! Fidatevi (lo dico sempre, mi sento quasi una santona ormai!), dura per sempre.

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Essere “letti”

22 Aprile 2020 by Silvia T. Nessun commento

Legittimazione? Gloria? Soldi?

Fermatemi o aggiungete opinioni, visto che avete sicuramente capito dove voglio arrivare. Ci ho pensato molto questa settimana, dopo aver letto tutti i vostri commenti sulle case editrici a pagamento. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che si sono espressi argomentando per il sì o per il no.

Perché volete essere letti? Perché volete fare gli scrittori? Nessuno v’impedisce di scrivere per il vostro piacere, evitando lo sbattimento di cercare case editrici, pubblicazioni, evitare le fregature.

Mi vorrei soffermare sul caso italiano che non prevede la scrittura come lavoro regolarmente retribuito per evitare la risposta più ovvia: “voglio guadagnare facendo quello che mi piace”. Strada difficile ma possibile in altri paesi; in Italia, non percorribile (salvo rarissime eccezioni) . Insomma, lo sapete tutti che non ci camperete scrivendo, vero?

Come al solito vi dico la mia, altrimenti non sarei qui a tenere un blog ma mi piacerebbe molto sentire le vostre opinioni (sincere, mi raccomando! Non lo faccio certo per giudicarvi, ormai lo dovreste aver capito.)

Io lo faccio per egocentrismo. Insomma, scrivo perché mi piace (ho tante di quelle idee in testa che mi entusiasma l’idea di crearci una storia sopra) voglio pubblicare perché desidero essere letta da quante più persone possibili e capire che cosa arriva loro di quello che ho scritto.

Vedete, io non ho grandi talenti. Mi sarebbe piaciuto saper suonare uno strumento o avere attitudine per la scienza (ho sempre avuto una fascinazione per le donne scienziate, tanto è vero che la mia protagonista in “Un momento di chiarezza” è un chimico) ma non ero portata.

Quando ero piccola mi veniva così naturale scrivere i temi a scuola o i miei pensieri che non immaginavo neanche di poter avere una predisposizione, che fosse una cosa particolare.

Fu la mia maestra a dirmi che potevo avere un “dono” di qualche tipo e poi boh… ero una bambina “poco visibile” (un po’ per il mio colorito pallido, un po’ perché ero strana e introversa e poi sono diventata un’adolescente incasinata quindi…) Scrivere era il mio mezzo per farmi vedere dal mondo però non facevo leggere a nessuno quello che scrivevo. Controsenso? Ero giovane!

E poi mi sono liberata dalla mia bassa autostima e sapere che la gente leggeva quello che scrivevo era fichissimo!

“Un momento di chiarezza” è stato la mia gioia. Avevo scritto un libro. Cavolo, dovevo farlo leggere! Le opzioni erano due: o quello che avevo scritto poteva essere buono e sarebbe piaciuto o poteva fare schifo e avrei fatto un bel tonfo. Ma un tonfo epico! Valeva la pena tentare.

Conosco anche delle persone che scrivono e sono felici perché solo gli amici e i parenti potranno leggere i loro scritti. Valgono di meno? Scrivono peggio? No di certo.

Per questo vi dico sempre che le persone sono diverse e gli scrittori, beh… in un modo o nell’altro sono un po’ egocentrici, hanno bisogno di essere “visti” ma ognuno a modo suo.

Non mi piacciono i luoghi comuni, quindi non vi dirò che il mondo è bello perché è vario ma il mondo della scrittura ci guadagna sempre dalla diversità e dalla creatività, anche quella che non si vede tanto.

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Il tuo “io” interiore

1 Aprile 2020 by Silvia T. Nessun commento

L’altro giorno ho visto la pubblicità di un tizio che vendeva servizi letterari. Aveva la giacca e la cravatta e prometteva di aiutare gli scrittori a organizzare il proprio “tempo” secondo un calendario ben preciso, così da poter scrivere un libro nel più breve tempo possibile.

Questo mi ha fatto pensare che devo passare meno tempo sui social durante questa quarantena, perché mi trovo in disaccordo con la maggior parte delle cose che leggo e seconda cosa…. che devo dare retta al mio “io” interiore.

L’altra sera, in uno dei miei momenti di meditazione e comunione con me stessa (nooo, scherzo, non ho mai momenti così) ho avuto un’illuminazione. Ascoltavo una canzone degli Evanescence del 2009 e, insomma, quando ascolti la tua musica da “giovane”, c’è sempre una parte di te che ritorna a quel momento. Ma non è questo il punto.

Il punto è che ascoltare musica di quando ero adolescente e non sapevo chi ero, mi fa capire quanto sia importante quello che ho capito negli anni: opporre meno resistenza alla mia natura è stata la mia salvezza, a un certo punto.

Cosa c’entra con la scrittura e con l’inizio di questo articolo? Parecchio.

Io invidio profondamente le persone che possono permettersi di “progettare” la scrittura di un libro ma non penso sia veramente possibile.

Questo perché per scrivere, il tuo “io” interiore deve essere sintonizzato con te. E questo non avviene programmando un incontro con Outlook.

Che cos’è l'”io” interiore? Beh, io non sono un dio o un guru, quindi non posso darvi delle risposte trascendentali. Posso parlarvi dell’ “io” scrittore però…

E’ quella voce dentro di voi (sì, siete un po’ pazzi ma in buona compagnia) che vi dice: “Ora si scrive”. Per quanto tu possa cercare di darti uno schema, una routine, delle scadenze, l’ultima parola è sempre la sua.

Lo è quando stai davanti a un computer da ore e hai scritto tre parole e lo è quando alle tre di notte ti viene in mente esattamente come puoi scrivere un capitolo.

E non fate finta di non sentirla. Opponete meno resistenza possibile alla vostra natura di scrittori. Forzarsi per non vedere questa parte di se stessi è… estenuante. Credetemi, ve lo dico per esperienza personale. E vi travolgerà la stesso. E poi, dai, essere dei creativi un po’ scombinati non è così male.

Pensate adesso che siamo in quarantena. Il mio “io” interiore che è anche sarcastico (d’altronde è il mio, non mi potevo aspettare altro) mi sta ripetendo in continuazione: “Allora, Shakespeare in quarantena per la peste scrisse Re Lear, che vogliamo fare? Imparare a fare la pizza a casa? Scrivi!”

E ha ragione, cavolo!

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Ci vuole un fiore

11 Marzo 2020 by Silvia T. Nessun commento

Oggi non vi parlerò di Coronavirus perché ne avrete sentite di ogni e sarete informatissimi ma vi dico che, tra le poche attività immuni a qualsiasi contagio, ci sono la scrittura e la lettura. Quindi, leggete e scrivete!

Vi parlerò di un argomento che mi sta molto a cuore e su cui ho capito che c’è molto confusione e poca conoscenza.

Tutto nasce da una frase che mi sono sentita ripetere molte volte: “Io quindici euro per un libro non li spendo. Sono troppi.”

A parte che vedo gente che s’indebita per comprare gli Iphone ma non esprimo giudizi se non dentro di me… ma, a prescindere, noto che i prodotti creativi (nello specifico parleremo del “prodotto libro”) sembrano, per la maggior parte delle persone, generati dalle fate con qualche misteriosa magia.

Quindi, diciamolo chiaramente: i libri non sono vengono fatti dalle fate. E se non appaiono per magia, hanno dei costi. Vediamoli.

La carta. Riciclata o meno, di buona o di scarsa qualità, la carta va comprata per produrre un certo numero di copie. Certo, le casi editrici avranno delle convenzioni basate sulle quantità ma la pagano.

La stampa. Per imprimere le lettere e le parole sulla carta precedente citata, ci vuole un processo di stampa. Idem come sopra, il tutto si paga.

La rilegatura. Avete presente quello sfogliare le pagine che piace tanto a noi lettori della vecchia guardia? Ecco, va pagata.

E questo solo da un punto di vista materiale, di oggetto. Mi spiace spoetizzare l’immagine del libro ma qui parliamo anche di qualcosa di materiale, che ha una consistenza.

E ora veniamo ai costi che ruotano intorno al costo materiale.

Editor e correttori bozze, figure troppo spesso confuse a cui non viene data l’importanza che spetterebbe loro.

Gli editor sono quelle persone che leggono il libro in prima battuta (se non c’è un talent scout che segnala i libri meritevoli di lettura – anche qui – nessuno lavora gratis o non dovrebbe), fanno una prima correzione sulla scrittura e una revisione dei contenuti nonché la verifica di eventuali dati riportati nei manoscritti.

Il correttore bozze è un segugio dei refusi; se dopo essere passati dall’editor e, di nuovo, dallo scrittore, il libro presenta ancora errori grammaticali, di spaziature ecc., il correttore bozze deve stanarli.

Mi prendo un secondo per far presente che questi lavori che richiedono tempo, attenzione e difficoltà (avere a che fare con gli autori non è una passeggiata) vengono pagati una miseria. Se vengono pagati e non affidati a dei poveri “stagizzati” (e sì, il termine non esiste ma credo che ormai si possa utilizzare un verbo a sé stante per queste figure che non vengono formate per lavorare ma sfruttate perché lavorino gratis). Sì, oggi le sto dicendo tutte, così se il Coronavirus mi portasse via mi sarò almeno tolta qualche proverbiale sassolino dalla scarpa.

I grafici. Ovvero chi si occupa dell’impaginazione, in modo che il vostro libro sia leggibile.

Gli illustratori. Si occupano di disegnare la famosa copertina (che ricordo, influenza la percezione del libro e ne determina, in parte, la vendita) e di eventuali illustrazioni all’interno del libro.

E, in seguito, nell’iter di promozione troviamo la parte si occupa della comunicazione (sì, anche il post su Facebook che avete visto oggi) e gli uffici stampa che si occupano delle comunicazioni ufficiali sul libro, le presentazioni ecc…

Ultimo ma non ultimissimo, stoccaggio e consegna. Ora che abbiamo un certo numero di copie stampate di un libro, le teniamo nello sgabuzzino? Eh no! Bisogna conservarle in un luogo dove non si rovinino con l’umidità o perché potrebbe cascare loro addosso la latta di vernice avanzata dalla vostra ultima imbiancatura. E, a meno che, non conosciate un buon samaritano, questo lo pagate.

E come arriva il libro dal magazzino alla libreria in cui lo comprate? Avrete già capito, ci vuole qualcuno che glielo consegni e, di solito, non ci va l’editore sullo scooter.

Certo, un e-book costa molto meno in termine di produzione (e, infatti, costa anche meno) ma anche lì c’è una manodopera che non immaginereste.

E ora la parte che tocca in prima persona. Da quel prezzo di copertina, gli editori tirano fuori anche il compenso per noi che il libro lo abbiamo scritto. E non finirò mai di dire, che quello che guadagna uno scrittore oggi in Italia, è ridicolo. E’ pochissimo, non rende onore neanche al tempo che ci abbiamo messo per scriverlo. Ci meritiamo di più. Ricordiamoci sempre che senza scrittore, niente libro. Si annulla tutta quella catena di costi e di persone che lavorano per creare un libro. Noi siamo il Paziente Zero, quello da cui tutto ha inizio.

La canzoncina che cantavamo quando andavamo a scuola ve la ricordate? “Per fare un albero…”, ecco noi siamo il fiore. Per fare tutto, ci vuole un fiore!

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Donne e Letteratura: un passo indietro?

29 Gennaio 2020 by Silvia T. Nessun commento

Ebbene sì, ho deciso di parlarvi anch’io del famoso scivolone di Amadeus ma non lo farò come gli altri perché non sarebbe la sede adatta. Qui parliamo di libri, di scrittori e scrittrici. E così sarà anche stavolta.

Ma vi prego, per queste poche righe, lasciatemi fare un po’ di polemica perché, lo sapete, su questo blog mettiamo anche al bando pregiudizi e luoghi comuni che non ci piacciono proprio (almeno a me e, visto che scrivo io…).

Perché si presuppone che una donna bella/bellissima non sia anche intelligente e capace? Io conosco tante belle/bellissime donne con un gran cervello, creative, forti, organizzate ecc… E conosco belle donne con la profondità emotiva di una pozzanghera.

Il punto non è questo ovviamente. Nel momento in cui una donna viene valutata solo sul suo aspetto fisico anche in relazione ad altre capacità e competenze, sbagliamo alla grande. Misurereste l’altezza in chili?

E’ evidente che Amadeus ha fatto uscire, molto stupidamente devo ammettere, visto che con quello che lo paga la Rai poteva prepararsi due righe per presentare le sue “ragazze” (chi sono poi le Charlie’s Angels?): il criterio di selezione per andare a Sanremo è la bellezza. Puoi essere intelligente, sveglia, capace ma per andare a Sanremo conta che tu sia bella. Il segreto di Pulcinella è svelato.

Comunque, torniamo alla nostra materia: Letteratura. E’ incredibile pensarlo ora che andiamo nello spazio, dirigiamo multinazionali, veniamo elette Presidenti ma, c’è stato un tempo (buio, molto buio) in cui le donne non potevano scrivere alla luce del sole perché non erano uomini.

Nessuno riteneva le donne capaci di creare storie, poesie e di svolgere lavori di concetto. Molte non venivano neanche istruite, a che serviva? Il loro compito nella società era sposarsi, avere figli, prendersi cura della famiglia e dei loro uomini. Non potevano mica mettersi a scrivere. E sapete cosa hanno fatto le donne? Hanno scritto lo stesso. Ovviamente.

Si sono inventate pseudonimi e identità fantasma (maschili) solo per fare quello che amavano, anche se, forse, mai nessuno avrebbe saputo che quelle erano le loro opere. Penso a Jane Austen, che non riuscì mai a vedere il suo nome su un libro quand’era vita e mi fa molta tristezza. Era un genio delle letteratura a cui non è mai stato riconosciuto il valore che meritava. La stupidità umana può essere infinita…

Spostiamo un attimo il focus sui nostri giorni. Una volta ho partecipato a un incontro dove veniva analizzata la questione “letteratura femminile”. Già la sottocategoria mi sembrava assurda (per me la letteratura è una) ma, dopo la mia esperienza di pubblicazione, mi sono resa conto che qualcosa sul fondo c’è ancora.

Un pregiudizio che ci fa pensare che un libro scritto da una donna possa trattare solo un certo genere di argomenti: di norma, una bella storia romantica dove l’eroina cerca l’amore e poi, dopo mille ostacoli, lo conquista.

Spesso ero restia a rispondere alla domanda: “di che genere è il tuo libro?”. Questo perché, se dovessi mettere il mio libro su uno scaffale di una libreria, lo posizionerei tra i romanzi, ma chi l’ha letto sa benissimo che la mia non è la classica storia d’amore. Ma è quello che tutti pensano, soprattutto gli uomini.

Lo vedevo nel cambio d’espressione quando rispondevo: “è un romanzo”. Per non parlare poi, di quelli che mi dicevano apertamente che i romanzi non erano il loro genere.

E così si forma una divisione anche tra i lettori: statisticamente, i libri delle donne vengono letti più dalle donne (che poi siano le donne a leggere di più in Italia rispetto agli uomini è un altro dato).

Se avessi un euro per tutti quelli che mi hanno detto “se vuoi vendere tanto devi scrivere una bella storia d’amore, magari con i vampiri o qualche essere soprannaturale”, non dovrei più cercare lavoro.

E’ incredibile pensare questo soprattutto se allarghiamo la lente su scala mondiale. A livello internazionale, le tre saghe che hanno venduto di più, Harry Potter, Cinquanta sfumature di grigio e L’amica geniale, sono scritte da donne (dai, la Ferrante è una donna, si sa!).

Ora voglio parlare un attimo di me, della mia esperienza come lettrice. Io ho sempre letto uomini e donne, senza mai pormi il problema.

La prima grande eroina letteraria con cui sono venuta in contatto è la protagonista del primo libro che letto: Piccole donne. Un libro scritto da una donna che parla di donne.

Ero una bambina ma mi identificavo con Jo, per tanti motivi che ora non sto qui a spiegarvi. Mi sono molto stupita nel sapere, in seguito, che la Alcott fu molto criticata per il finale che aveva dato a questo personaggio.

Allerta spoiler! Alla fine Jo, dopo aver imperversato per pagine e pagine, affermando di “non essere fatta per il matrimonio”, si innamora e si sposa. Questa era vista come una discrepanza tra personaggio fino ad allora descritto e come un tradimento all’ideale femminista a cui il libro sembrava votato.

Quindi una scrittrice non può essere anche una moglie (è vero che poi Jo sposa un uomo intelligente che la supporta nel suo percorso e questo fa la differenza, secondo me)? E’ sempre il solito discorso. Una cosa esclude l’altra? Meg, che da subito vuole sposarsi e avere una famiglia e si ritrova a mandarla avanti in un mondo di uomini senza mezzi economici, è meno femminista di Jo?

Alla fine del romanzo Jo si sposa, è vero. Cambiando idea, è vero (come se non ne avessimo il diritto!). Ma pubblica il suo libro (e non si esclude che ne potrebbe pubblicare altri in futuro) e apre una scuola dove insegna a maschi e femmine senza distinzione. Se immagino la vita di Jo dopo la fine del romanzo, la vedo difficile e complicata, come quelle di tutte le persone che fanno molte cose contemporaneamente.

Le donne in letteratura non hanno mai fatto un passo indietro, anche quando la società glielo imponeva. Ora, grazie a loro, io posso pubblicare un libro con il mio nome in copertina. Non torniamo indietro.

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Un anno, sei mesi e dieci giorni dopo

13 Novembre 2019 by Silvia T. Nessun commento

Ed eccoci qui. “Un momento di chiarezza” è stato pubblicato il 3 maggio 2018. Sembra davvero ieri eppure è già passato un anno e mezzo.

Vorrei chiarire subito che io sono una scrittrice. Lo sarò per sempre, anche se non dovessi mai pubblicare nient’altro. Ho sempre saputo che volevo scrivere e che sapevo scrivere.

Sapete, io sono sempre stata molto fortunata. Non mi sono mai dovuta ammazzare di studio per raggiungere i miei traguardi accademici. La mia scarsa capacità di concentrazione a lungo termine è sempre stata compensata da una veloce comprensione e rielaborazione dei concetti e da un ottimo utilizzo della logica. Questo mi permetteva di studiare quello che mi piaceva, di leggere quello che m’interessava, di eccellere nelle materie in cui volevo eccellere. L’italiano era una di queste e una naturale inclinazione per le materie umanistiche e per la scrittura, mi hanno facilitato tanto.

Questo è per farvi capire quanto impegno e lavoro, invece, ci sono voluti per rendere quel tre maggio una giornata speciale. E io ci ho messo tutta me stessa, sempre.

Vorrei trovare il modo migliore per raccontare questa storia, perché è questo che sto facendo ancora: raccontare una storia.

Tutti hanno pensato che io avessi un’ambizione sfrenata, che volessi vendere milioni di libri ma c’ero solo io quando arrivò la copia stampata e so che se fosse stata l’unica, non mi avrebbe commosso di meno. Ero io, era la cosa che avevo sempre fatto che diventava corporea. La realizzazione, forse l’unica che avrò in vita mia.

Ma a un tratto, in questa corsa per la pubblicazione dove tampinavo amici e non, parenti e conoscenti, ho avuto paura che il marketing stesse prevalendo sulla scrittura. E ho messo subito un freno. Ho sempre voluto avere potere decisionale sulle cose e potevo ancora averne. Ho deciso che tutti i proventi delle prevendita (per le dinamiche di pubblicazione rimando al mio post della scorsa settimana) sarebbero andati in beneficenza e così è stato; ogni centesimo è finito a Medici senza Frontiere. E non perché sono buona o ricca (scusate, qui mi scappa la risata perché penso che ero disoccupata anche ai tempi. Sono una pazza!), ma perché così doveva essere. La scrittura doveva venire prima.

Voglio essere molto sincera con voi. “Un momento di chiarezza” ha venduto 175 copie in prevendita e 18 nel periodo successivo (anzi, colgo l’occasione per ringraziare quei diciotto fortunati – oserei dire – che hanno avuto la fortuna di scoprire “Un momento di chiarezza” da soli), per un totale di 193 copie in totale. Non sono poche, sono pochissime.

Ora posso dirvi che la mia casa editrice, Bookabook, non ha affatto pubblicizzato o sostenuto il mio romanzo. E sarebbe vero. Ma hanno fatto i loro interessi e io non sono così ingenua, me l’aspettavo. Ecco, un gradino sopra l’auto pubblicazione me lo sarei meritato ma è andata così…

Posso anche dirvi che entrare nel sistema editoriale è come infilarsi nella metropolitana all’ora di punta dopo che c’è stato un guasto. E il fatto di essere un’anonima esordiente non ha aiutato. Ma è così per tutti, inutile fare vittimismo. Sapevo che sarebbe stato come sfidare un drago con uno stuzzicadenti. E questa è proprio una cosa da me; più l’impresa è folle, prima sono pronta per partire.

Una volta un grande e visionario editore mi disse: “E’ talmente folle che potrebbe funzionare”.

E ha funzionato. Ora vi spiego perché.

A volte miri a un bersaglio e ne colpisci un altro. Credo che questo avvenga perché ancora devi capire qualcosa. Per me è stato così.

Pensavo che il mio viaggio finisse con la pubblicazione e mi sbagliavo. E lo so cosa state pensando voi : “Non sei diventata famosa, ora vuoi metterci una pezza per non sentirti una fallita”. Non è così e penso che nel seguito di questo discorso alcuni si ritroveranno.

Innanzitutto, per poter promuovere da sola il mio libro dovevo credere nelle mie parole, nella mia storia, nelle mie capacità. Mi è capitato di rileggere o di sentir leggere alcune frasi di “Un momento di chiarezza” e pensare: “L’ho scritto io questo? Cavolo, sono brava!” E se voi mi conosceste come persona, sapreste che questo è sempre stato un mio difetto: credere di non essere mai abbastanza. Lì è solo lì, ho cominciato a darmi credito… Ora è un work in progress.

Inoltre, da tutti quelli che hanno letto o recensito “Un momento di chiarezza” ho ricevuto non solo parole di apprezzamento (anche da alcuni editori ma… non me la voglio menare… beh dai, un po’ sì) ma un punto di vista. E’ incredibile come le persone riescano a immedesimarsi nelle parole di qualcun altro, ognuno in qualcosa di diverso e ognuno ci vede qualcosa di diverso. Ero sorpresa, impressionata, felice di sentire cosa avevano da dire sulla mia storia, sulle mie parole.

Credevo che solo i grandi scrittori avessero questo potere e invece… Ho fatto bene il mio mestiere allora.

Già questo vi dovrebbe aver convinto a guardarvi intorno quando mirate a un bersaglio ma vi dirò di più.

Scrivere un libro vi cambia, il percorso che fate vi trasforma… in meglio. Vi obbliga a guardare dentro voi stessi e a vedere una cosa che, forse, non siete stati in grado di riconoscere fino a quel momento. Avete un forza creatrice. E qualcosa che crea è un dono.

Fatevene una ragione, ragazzi. Ci siete dentro. Siete scrittori ora.

Eccoci alla fine del vostro viaggio intergalattico. Avete superato i meteoriti e le tempeste solari ma avete visto anche un miliardo di bellissime e luminose stelle. Valeva la pena no?

 

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La lunga attesa

30 Ottobre 2019 by Silvia T. 2 commenti

Quando il vostro libro sarà pronto, lo saprete. Non posso dirvi altro perché, in realtà, nessuno sa quale sia la cottura giusta. Come la pasta, dovete assaggiarla. E con assaggiarla, intendo rileggerlo (ad alta voce sarebbe meglio) un’ultima volta dopo i cambiamenti, le revisioni e la ricerca per stanare ogni refuso.

“Ok, ora il libro è pronto, quello che ho scritto mi piace tanto o abbastanza (dipende da quanto siete critici con voi stessi) ma ora? A chi lo mando?”

Vi state ponendo la proverbiale domanda da un milione di dollari (metaforici eh… che con la scrittura non li vedrete mai tutti quei soldi!) ed è il giusto quesito da porsi.

Innanzitutto, decidete se volete far leggere la vostra opera prima ad un parente o a un amico o un ristretto gruppo di persone. Io non l’ho fatto, pensavo che avrebbe influenzato il mio modo di vedere la storia e mi avrebbe messo dei dubbi. La scelta è vostra, fate come vi sentite meglio…

Ora arriva la parte più tecnica perché, fino ad adesso, vi siete confrontati con il vostro mondo interiore per scrivere e ora dovrete necessariamente approcciarvi a un mondo ben più spaventoso: quello dell’editoria.

Punto primo: iniziate a fare una lista di casa editrici con cui vi piacerebbe pubblicare, poi scrematelo per bene. La prima cosa è il genere; inutile dirvelo ma è abbastanza assurdo inviare un romanzo rosa a chi pubblica solo gialli (ad esempio). Ma so che succede, quindi fate attenzione a questa cosa.

Punto due: cercate di capire di più sulle case editrici alle quali vi state proponendo. Mi è capitato che, con l’invio del manoscritto, mi venisse richiesta qualche riga per spiegare perché avessi scelto proprio loro. E le frasi fatte… da uno che si propone come scrittore… beh avete capito!

Io avevo già una buona conoscenza del panorama editoriale italiano; ho frequentato fiere, eventi, presentazioni. In passato ho scritto anche degli articoli in merito. Ho frequentato un corso di scrittura e uno di editoria. In più, avevo il naturale interesse verso quel mondo dato dalle mie letture personali.

Punto secondo: forse voi siete fiduciosi nel mondo e ottimisti o disinteressati alla questione ma io non ero così, quindi mi sono posta il problema. E se qualcuno copiasse tutto o parte del mio romanzo? Ho cominciato a informarmi sui blog di scrittori emergenti e ho scoperto di non essere l’unica. Alcuni penseranno: forse te la sei menata troppo. Sì, forse sì. Ma io volevo essere tranquilla. Così, ho chiesto consulenze a chi conoscevo (e anche a chi non conoscevo) sulla tutela del diritto d’autore. Non ho avuto risposte che mi convincevano, quindi mi sono letta tutto lo scibile umano sull’argomento e, alla fine, ho optato per un deposito (senza registrazione del diritto d’autore) presso la SIAE. Se avete bisogno di sapere cos’è scrivetemi a: info@nonprendeteappunti.it.

Punto terzo: l’invio. Eccitazione al massimo! Vi direi di diminuirla ma eccitazione uguale entusiasmo ed è una buona cosa. Spulciate con pazienza tutto quello che la casa editrice vuole le sia inviato e come. Alcune vogliono il cartaceo, altre la mail. Alcune vogliono un estratto, altre l’intero manoscritto. Dopodiché, spedite e sedetevi.

Non vi voglio illudere, la maggior parte se non tutte le case editrici a cui spedirete il vostro libro non vi risponderà o lo rifiuterà. Mi dispiace ma il mondo dell’editoria italiana è così: arrivano veramente tanti inediti che potrebbero rivelarsi un best seller o un fiasco totale. Nel dubbio, molti non vengono neanche aperti.

Qui comincia l’attesa di cui parlo nel titolo, che non deve essere sterile ma sarà lunga. Potete scrivere un altro libro o qualcos’altro, potete rivedere quello che avete scritto e potete continuare a fare la vostra vita. Non fateci ruotare tutto intorno, non contate i giorni. Io, all’inizio, l’ho fatto e vi posso assicurare che non è la via giusta.

E ricordatevi che avete la fortuna di vivere in un’epoca dove, in qualche modo, si può sempre fare. Autopubblicarvi, pubblicizzarvi o semplicemente far passare il vostro pensiero in un’altra forma (tipo, che ne so? Un blog?) O tutte e tre.

Non scoraggiatevi, avete fatto tanto. Mollare ora sarebbe un peccato.

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Il titolo

16 Ottobre 2019 by Silvia T. Nessun commento

Questa è la parte più divertente, ammettiamolo. Tu, in realtà, lo sai il titolo. Dopo che la tua testa ha partorito ogni genere di combinazione, tu lo sai come si chiama il tuo libro. Ma questo non ti deve impedire di valutare altre idee.

E’ possibile che alla casa editrice non piaccia e che ti chiedano un cambio. A me lo avevano proposto ma poiché la decisione finale era la mia e io ero convinta (dopo averlo chiesto a circa mille persone!), non l’ho modificato.

Il fatto di non saper trovare i titoli, non ti rende un pessimo scrittore. Io sono brava con i titoli; a volte li inserisco mentalmente anche a parti della mia vita come Picasso… Ma ci ho messo parecchio a renderlo il mio titolo definitivo. 

Potete sbizzarrirvi con focus group improvvisato davanti a un bicchiere di vino. Ne usciranno cose improbabili ma divertenti… Il titolo è importante, non vi mentirò. Una volta ho comprato un libro solo per quello e ho scoperto una brava scrittrice, Aimee Bender. Magari non leggetela se siete depressi però… Dai, non è possibile non comparare un libro che si chiama “L’inconfondibile tristezza della torta al limone”!

Con tutto che per me non era triste, perché mi piace molto. Probabilmente se il titolo non avesse attirato la mia attenzione non lo avrei mai letto e non mi sarebbe venuta voglia di dolce… ma questa è un’altra storia.

Come ho scelto il mio titolo. Ho cominciato a nominarlo così per salvarlo sul pc e per mandarmelo via mail (fidarsi è bene…) e quando è stato il momento di battezzarlo, l’ho guardato in faccia come un bambino e il suo nome ce l’aveva già. Poiché non mi piace vincere facile, ho inserito un sottotitolo per ogni capitolo (ora siete curiosi eh?)

Ho pensato alla mia protagonista e un po’ lei era con me, quando ho scelto che la sua storia si sarebbe chiamata “Un momento di chiarezza”. Credo che renda esattamente il percorso che volevo per lei: volevo una luce, anche piccola, in una vita che Daisy aveva riempito di oscurità.

E, a volte, è così. Basta un momento, un pensiero che ti attraversa la testa ed è tutto chiaro, semplice. Pensateci un attimo, forse anche il vostro titolo è lì, pronto a essere illuminato.

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Recensioni

La strada dei fantasmi

14 Ottobre 2019 by Silvia T. Nessun commento

“L’avventuriero Toni Vento, alla sua prima missione, ci lascia gli appunti sparsi e frammentari di una storia enigmatica che rivela particolare attenzione alle sfumature psicologiche e agli spunti filosofici. Gli avvenimenti reali si mescolano alle apparizioni costituite dalle proiezioni della psiche dei vari personaggi, atte a svelare i sogni, le paure e i fantasmi che popolano il loro inconscio. Il protagonista si inoltra nella ricerca di una collana risalente al diciottesimo secolo, che da allora appare e scompare attraverso le epoche e le regioni geografiche, lasciando intorno a sé una scia di suggestioni e rimandi. Vaga attraverso il mercato nero dei gioielli tra affaristi, night club e corse clandestine, alla ricerca disperata di momenti di bellezza e di comprensione che possono apparire inaspettatamente nei canali di Venezia, sulle vette della Norvegia, nella camera di un motel.”

Libro con una costruzione complessa e una scrittura che ha un sapore antico, ricco di descrizioni e di metafore.

Fin dall’inizio, i pensieri e le considerazioni del protagonista diventano il punto focale su cui ruota tutto il libro, fino a darmi l’idea che lo stile sia più saggistico che romanzesco.

L’esplorazione dell’inconscio umano è ben delineato e ci fornisce una serie di immagini e di riflessioni sicuramente condivisibili. La trama, però, rimane un po’ in sottofondo rispetto all’aspetto psicologico, anche numericamente: avvengono meno cose di quante ne vengano pensate.

Il mio consiglio per l’autore è di definire meglio il suo stile e fare una revisione della storia, che ha sicuramente i presupposti per essere un buon libro, ma deve essere sviluppata con una mano più ferma. Una cosa che ti consiglio di fare è pensare ai personaggi e buttare giù una descrizione accurata. Poi non è necessario inserire tutto nel libro ma inquadrarli bene ti aiuterà a tenerli ancorati alla storia e a dargli una caratterizzazione meno sfocata.

Chi è Toni Vento? Qual è il suo percorso all’interno del romanzo? E queste donne che sono dei perfetti personaggi letterari (pericolose, ambigue, misteriose), che funzione hanno nella narrazione?

Le parole per descriverlo: filosofico e descrittivo

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Manuale

La trama

14 Agosto 2019 by Silvia T. 2 commenti

Oggi applicheremo complesse formule matematiche per ottenere una trama della massima resa su carta. Scherzo ovviamente!
La trama, però, è una bella gatta da pelare.
Io, invece,ho trovato estremamente emozionante poter decidere della vita dei miei personaggi. Delirio di onnipotenza…
Ma questo varia da persona a persona.

Ovviamente, dipende dal libro che volete scrivere ma qui comincia la vera parte decisionale.

Questo non è un racconto, quindi pensate attentamente al percorso emotivo, di vita, lavorativo (insomma quello che avete scelto per i vostri personaggi, a meno che non sia una biografia e lì, la storia ha già fatto il suo corso. Attenzione però! Anche una biografia necessita di un rimaneggiamento e dell’inserimento dei fatti veramente significativi o che possano dire qualcosa ai lettori.)

Qui mi sento più di mettermi dalla parte del lettore; ad esempio, non scrivete un nuovo “Signore degli Anelli” perché se ha più pagine è meglio.
È falso. É un errata convinzione che circola dai tempi della scuola. I miei temi erano brevi, concisi e spiegavano il punto. Ho sempre preso voti alti.

Inserendo cose non necessarie perché mille pagine fanno più scena di duecento, correte il rischio di annoiare e perdere il lettore a metà strada se non prima.

Pensiamo anche alla praticità: magari (o anche no visto che c’è anche l’opzione E-BOOK ora) qualcuno vuole portarsi ancora dietro il buon vecchio libro cartaceo e mille pagine pesano. Comunque, se la vostra storia si dipana con un senso per mille pagine, scrivetene mille o più.

Tendenzialmente, chi si occupa di fare queste cose (una noia per me!) ha categorizzate le trame per averne un numero esatto di base da cui si può partire per scrivere un romanzo.

Un recente studio americano ha addirittura ipotizzato che siano solo sei le linee narrative base…
Insomma, non ci inventiamo niente di nuovo. “Siamo nani sulle spalle dei giganti” scriveva Eco ne “Il nome della Rosa”. 

Non vi demoralizzate però, la varietà che potete inserire su queste linee narrative è infinito e sta solo alla vostra immaginazione.

Come vi ho scritto precedentemente, un canovaccio vi può essere utile. Anche se poi il romanzo cambia mentre lo scrivi, io tenderei ad avere chiare almeno sulle svolte narrative principali, perché cambiare quelle in fase di revisione diventa abbastanza complicato.

A proposito di complicato, non v’impegolate in frasi con tremila subordinate complesse perfino per voi. Il lettore rischia di non capire. Rileggete bene ad alta voce, se v’impappinate voi stessi a leggerlo, forse qualcosa non va…

Semplificate, insomma; non ricercate super-mega-fighe trame.
La vita offre tanti spunti e, se scrivete un genere particolare, allora osate davvero.
Non trattenetevi, si sente nella scrittura. Scavate e offrite al lettore un pezzo di voi, non necessariamente della vostra storia, di voi.
E lui ve ne sarà grato.

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