Mi è venuta un’idea. Mi piacerebbe registrare dei brevi video per spiegarvi come è nato questo nuovo libro, come si svolgerà la parte che (speriamo!) lo porti alla pubblicazione e rispondere a qualche domanda o dubbio sulle dinamiche del mondo dell’editoria.
Vi spiego tutto nel video!
Legittimazione? Gloria? Soldi?
Fermatemi o aggiungete opinioni, visto che avete sicuramente capito dove voglio arrivare. Ci ho pensato molto questa settimana, dopo aver letto tutti i vostri commenti sulle case editrici a pagamento. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che si sono espressi argomentando per il sì o per il no.
Perché volete essere letti? Perché volete fare gli scrittori? Nessuno v’impedisce di scrivere per il vostro piacere, evitando lo sbattimento di cercare case editrici, pubblicazioni, evitare le fregature.
Mi vorrei soffermare sul caso italiano che non prevede la scrittura come lavoro regolarmente retribuito per evitare la risposta più ovvia: “voglio guadagnare facendo quello che mi piace”. Strada difficile ma possibile in altri paesi; in Italia, non percorribile (salvo rarissime eccezioni) . Insomma, lo sapete tutti che non ci camperete scrivendo, vero?
Come al solito vi dico la mia, altrimenti non sarei qui a tenere un blog ma mi piacerebbe molto sentire le vostre opinioni (sincere, mi raccomando! Non lo faccio certo per giudicarvi, ormai lo dovreste aver capito.)
Io lo faccio per egocentrismo. Insomma, scrivo perché mi piace (ho tante di quelle idee in testa che mi entusiasma l’idea di crearci una storia sopra) voglio pubblicare perché desidero essere letta da quante più persone possibili e capire che cosa arriva loro di quello che ho scritto.
Vedete, io non ho grandi talenti. Mi sarebbe piaciuto saper suonare uno strumento o avere attitudine per la scienza (ho sempre avuto una fascinazione per le donne scienziate, tanto è vero che la mia protagonista in “Un momento di chiarezza” è un chimico) ma non ero portata.
Quando ero piccola mi veniva così naturale scrivere i temi a scuola o i miei pensieri che non immaginavo neanche di poter avere una predisposizione, che fosse una cosa particolare.
Fu la mia maestra a dirmi che potevo avere un “dono” di qualche tipo e poi boh… ero una bambina “poco visibile” (un po’ per il mio colorito pallido, un po’ perché ero strana e introversa e poi sono diventata un’adolescente incasinata quindi…) Scrivere era il mio mezzo per farmi vedere dal mondo però non facevo leggere a nessuno quello che scrivevo. Controsenso? Ero giovane!
E poi mi sono liberata dalla mia bassa autostima e sapere che la gente leggeva quello che scrivevo era fichissimo!
“Un momento di chiarezza” è stato la mia gioia. Avevo scritto un libro. Cavolo, dovevo farlo leggere! Le opzioni erano due: o quello che avevo scritto poteva essere buono e sarebbe piaciuto o poteva fare schifo e avrei fatto un bel tonfo. Ma un tonfo epico! Valeva la pena tentare.
Conosco anche delle persone che scrivono e sono felici perché solo gli amici e i parenti potranno leggere i loro scritti. Valgono di meno? Scrivono peggio? No di certo.
Per questo vi dico sempre che le persone sono diverse e gli scrittori, beh… in un modo o nell’altro sono un po’ egocentrici, hanno bisogno di essere “visti” ma ognuno a modo suo.
Non mi piacciono i luoghi comuni, quindi non vi dirò che il mondo è bello perché è vario ma il mondo della scrittura ci guadagna sempre dalla diversità e dalla creatività, anche quella che non si vede tanto.
In molti mi stanno scrivendo perché ricevono proposte di pubblicazione da case editrici che richiedono somme di denaro. Da quello che ho dedotto, siete molto diffidenti riguardo questo tipo di offerte.
E avete ragione! A questo punto, il politically correct m’imporrebbe di difendere ogni realtà editoriale perché ci sarà sicuramente uno scrittore su un miliardo che ha avuto successo con una pubblicazione a pagamento. Forse nel 1800, non ne sono sicura.
Poiché ormai mi conoscete, sapete che il politically correct non è molto il mio stile; io sono più una da “vi dico le cose come stanno, poi voi fatevi un’opinione vostra” perché questa è sempre cosa buona e giusta.
In primis, ritengo che, in generale nella vita, non bisognerebbe pagare per lavorare; anzi, di solito, dovrebbe essere il contrario. Capisco la confusione, voi vivete in Italia ed è un concetto difficile da metabolizzare ma vi posso assicurare che è così. Ho visto luoghi dove questo accade…
Non permettete a nessuno di dire che scrivere non è un mestiere solo perché non scaricate le casse al mercato. E’, ovviamente, un lavoro diverso ma richiede tempo e impegno e, come tale, una retribuzione.
Secondo, potete scommettere che una casa editrice a pagamento non sta scommettendo né su di voi né sul vostro libro. Sta cercando di avere un ricavo da voi e dalle persone che vi conoscono e che compreranno il vostro libro. A loro basta quello per avere un margine di guadagno, minimo, ma pur sempre soldi senza impegno. Fatto su tante persone, diventa un guadagno di tutto rispetto.
Mi dispiace ma ci sono passata, quindi so quello di cui sto parlano. Vi sommergono di complimenti e vi danno una visione tutta arcobaleni e unicorni del vostro futuro ma lo fanno per convincervi. Su alcuni gruppi per scrittori abbiamo confrontato delle mail o delle telefonate che ricevevamo ed erano tutte completamente uguali. Le stesse parole, la stessa enfasi su determinate cose…
Non vuol dire che quello che avete scritto non meriti, anzi, se ci credete (e dovete crederci per pubblicare), dovete trovare qualcuno che voglia scommettere su di voi e che ci tenga al vostro progetto.
Nella categoria rientrano anche quelli che, come unico beneficio della pubblicazione con loro, vi offrono di comprare un numero abbastanza alto di copie ma di non distribuirne altre, attraverso i normali canali.
Come ho già scritto più di una volta, il panorama editoriale italiano è cambiato molto. Soprattutto grazie all’auto pubblicazione, adesso ognuno è in grado di immettere sul mercato il suo testo.
Un mercato, però, che ha molto più offerta che domanda. E in mezzo a tutto questa offerta, come fa un emergente a farsi notare?
Il punto è questo; o hai una fortuna sfacciata (di quelle che poi devi comprare gratta e vinci tutti i giorni perché hai un dono!) e qualcuno ti nota e fa in modo che il tuo libro abbia l’attenzione necessaria, o sei talmente bravo a gestire la tua promozione da attirare l’attenzione di qualcuno o hai una casa editrice che promuove il tuo libro.
Sappiamo che ora lo scrittore deve essere anche un po’ promoter di se stesso e del suo lavoro ma, se non riesci ad attirare l’attenzione (che credo sia la parola chiave a questo punto) e a farti notare in qualche modo, rimani uno sconosciuto che ha pubblicato un libro. Venderai le tue cinquanta copie tra parenti e amici e finirà lì.
E potrebbe anche andar bene per te; magari tu, scrittore, vuoi solo vedere il tuo libro pubblicato. E allora, non farti sedurre dalle case editrici a pagamento.
Non solo non faranno niente per pubblicizzare il tuo libro ma si prenderanno anche dei soldi per non farlo.
Questo è il mio consiglio. Ora, a voi la scelta.
Oggi sono molto felice perché, finalmente, ho un vero e proprio contatto con un gruppo editoriale (di cui non posso rivelare il nome) che ha deciso di aprirsi alla narrativa, selezionando opere inedite di scrittori emergenti.
Mi hanno contattata ieri e mi hanno chiesto di trovare degli inediti tramite i miei canali, che, in caso di una valutazione positiva da parte mia, arriveranno direttamente sulla scrivania del Direttore Editoriale.
Cosa stanno cercando? La casa editrice valuterà narrativa di ogni genere: romanzi storici, a sfondo sociale, d’avventura, di formazione, gialli, rosa, noir, fantasy, thriller, horror, fantascienza, ragazzi, erotico, psicologico, umoristico. Ma anche racconti, fiabe, biografie, diari.
Come devono essere i romanzi?
- INEDITI, cioè non pubblicati né in cartaceo né online con autopubblicazione.
- REVISIONATI e con questo intendo che deve essere la vostra ultima stesura prima dell’invio e in italiano corretto. Per cui rileggete e correggete. Se nel romanzo ci sono informazioni storiche o scientifiche o di altro tipo, verificatele tutte. Mi raccomando: ogni lavoro di editing e/o correzione bozze sarà effettuato da me SOLO A PAGAMENTO, ovviamente previa conferma dell’autore. Revisionare un testo richiede tempo e lavoro, per cui non posso farlo gratuitamente.
Cosa mi piace leggere? Se avete seguito un po’ questo blog, ormai l’avrete capito. Non importa il genere o la trama. Coinvolgetemi nella lettura: è la mia unica richiesta.
Ci tengo a dirvi che la casa editrice non richiede un pagamento per la pubblicazione e non obbliga l’autore a comprare delle copie (nel caso foste scelti, sarà una vostra libera scelta).
Come fare arrivare il vostro romanzo a me? Tramite il mio indirizzo di posta info@nonprendeteappunti.it.
Quindi, che aspettate? Tirate fuori il romanzo dal cassetto (o dal computer), revisionatelo bene e poi inviatemelo.
Potete scrivermi qui anche per eventuali dubbi o domande ma potete sempre trovarmi su Facebook e Instagram come A chiare lettere.
Non ci sono garanzie, lo so. E ‘un’opportunità e come tale, va sfruttata. Forza! Non vedo l’ora di leggervi.
Ed eccoci qui. “Un momento di chiarezza” è stato pubblicato il 3 maggio 2018. Sembra davvero ieri eppure è già passato un anno e mezzo.
Vorrei chiarire subito che io sono una scrittrice. Lo sarò per sempre, anche se non dovessi mai pubblicare nient’altro. Ho sempre saputo che volevo scrivere e che sapevo scrivere.
Sapete, io sono sempre stata molto fortunata. Non mi sono mai dovuta ammazzare di studio per raggiungere i miei traguardi accademici. La mia scarsa capacità di concentrazione a lungo termine è sempre stata compensata da una veloce comprensione e rielaborazione dei concetti e da un ottimo utilizzo della logica. Questo mi permetteva di studiare quello che mi piaceva, di leggere quello che m’interessava, di eccellere nelle materie in cui volevo eccellere. L’italiano era una di queste e una naturale inclinazione per le materie umanistiche e per la scrittura, mi hanno facilitato tanto.
Questo è per farvi capire quanto impegno e lavoro, invece, ci sono voluti per rendere quel tre maggio una giornata speciale. E io ci ho messo tutta me stessa, sempre.
Vorrei trovare il modo migliore per raccontare questa storia, perché è questo che sto facendo ancora: raccontare una storia.
Tutti hanno pensato che io avessi un’ambizione sfrenata, che volessi vendere milioni di libri ma c’ero solo io quando arrivò la copia stampata e so che se fosse stata l’unica, non mi avrebbe commosso di meno. Ero io, era la cosa che avevo sempre fatto che diventava corporea. La realizzazione, forse l’unica che avrò in vita mia.
Ma a un tratto, in questa corsa per la pubblicazione dove tampinavo amici e non, parenti e conoscenti, ho avuto paura che il marketing stesse prevalendo sulla scrittura. E ho messo subito un freno. Ho sempre voluto avere potere decisionale sulle cose e potevo ancora averne. Ho deciso che tutti i proventi delle prevendita (per le dinamiche di pubblicazione rimando al mio post della scorsa settimana) sarebbero andati in beneficenza e così è stato; ogni centesimo è finito a Medici senza Frontiere. E non perché sono buona o ricca (scusate, qui mi scappa la risata perché penso che ero disoccupata anche ai tempi. Sono una pazza!), ma perché così doveva essere. La scrittura doveva venire prima.
Voglio essere molto sincera con voi. “Un momento di chiarezza” ha venduto 175 copie in prevendita e 18 nel periodo successivo (anzi, colgo l’occasione per ringraziare quei diciotto fortunati – oserei dire – che hanno avuto la fortuna di scoprire “Un momento di chiarezza” da soli), per un totale di 193 copie in totale. Non sono poche, sono pochissime.
Ora posso dirvi che la mia casa editrice, Bookabook, non ha affatto pubblicizzato o sostenuto il mio romanzo. E sarebbe vero. Ma hanno fatto i loro interessi e io non sono così ingenua, me l’aspettavo. Ecco, un gradino sopra l’auto pubblicazione me lo sarei meritato ma è andata così…
Posso anche dirvi che entrare nel sistema editoriale è come infilarsi nella metropolitana all’ora di punta dopo che c’è stato un guasto. E il fatto di essere un’anonima esordiente non ha aiutato. Ma è così per tutti, inutile fare vittimismo. Sapevo che sarebbe stato come sfidare un drago con uno stuzzicadenti. E questa è proprio una cosa da me; più l’impresa è folle, prima sono pronta per partire.
Una volta un grande e visionario editore mi disse: “E’ talmente folle che potrebbe funzionare”.
E ha funzionato. Ora vi spiego perché.
A volte miri a un bersaglio e ne colpisci un altro. Credo che questo avvenga perché ancora devi capire qualcosa. Per me è stato così.
Pensavo che il mio viaggio finisse con la pubblicazione e mi sbagliavo. E lo so cosa state pensando voi : “Non sei diventata famosa, ora vuoi metterci una pezza per non sentirti una fallita”. Non è così e penso che nel seguito di questo discorso alcuni si ritroveranno.
Innanzitutto, per poter promuovere da sola il mio libro dovevo credere nelle mie parole, nella mia storia, nelle mie capacità. Mi è capitato di rileggere o di sentir leggere alcune frasi di “Un momento di chiarezza” e pensare: “L’ho scritto io questo? Cavolo, sono brava!” E se voi mi conosceste come persona, sapreste che questo è sempre stato un mio difetto: credere di non essere mai abbastanza. Lì è solo lì, ho cominciato a darmi credito… Ora è un work in progress.
Inoltre, da tutti quelli che hanno letto o recensito “Un momento di chiarezza” ho ricevuto non solo parole di apprezzamento (anche da alcuni editori ma… non me la voglio menare… beh dai, un po’ sì) ma un punto di vista. E’ incredibile come le persone riescano a immedesimarsi nelle parole di qualcun altro, ognuno in qualcosa di diverso e ognuno ci vede qualcosa di diverso. Ero sorpresa, impressionata, felice di sentire cosa avevano da dire sulla mia storia, sulle mie parole.
Credevo che solo i grandi scrittori avessero questo potere e invece… Ho fatto bene il mio mestiere allora.
Già questo vi dovrebbe aver convinto a guardarvi intorno quando mirate a un bersaglio ma vi dirò di più.
Scrivere un libro vi cambia, il percorso che fate vi trasforma… in meglio. Vi obbliga a guardare dentro voi stessi e a vedere una cosa che, forse, non siete stati in grado di riconoscere fino a quel momento. Avete un forza creatrice. E qualcosa che crea è un dono.
Fatevene una ragione, ragazzi. Ci siete dentro. Siete scrittori ora.
Eccoci alla fine del vostro viaggio intergalattico. Avete superato i meteoriti e le tempeste solari ma avete visto anche un miliardo di bellissime e luminose stelle. Valeva la pena no?
A questo punto, il mio manuale diventa un racconto. Su quale pianeta sono atterrata dopo il mio fantastico viaggio intergalattico?
Facciamo un passo indietro. Avevo il mio libro finito “Un momento di chiarezza”, il deposito in Siae era registrato e avevo fatto una bella lista delle case editrici a cui volevo inviare la mia opera prima.
Ci sono tutti i tasselli, vi ritrovate? Suppongo abbiate risposto di sì, per cui procediamo.
Ora entra in scena Italo Calvino, non lo scrittore, il premio. Come molti di voi sapranno, il premio Calvino è uno dei più importanti concorsi letterari italiani. Mi accorsi che rientravo al pelo nei termini di partecipazione, così ho pagato l’iscrizione (non una cifra esigua, per correttezza), ho stampato e rilegato le due copie del manoscritto richieste e sono corsa (corsa è un parolone, il pacco pesava un po’. Per fortuna la posta è sotto casa mia!) a spedire il tutto.
Ora, tutti sanno che sono in molti a partecipare a questo concorso e io non pensavo certo di vincere ma era un primo tentativo e, inoltre, avrei ricevuto una scheda di valutazione del romanzo.
Non voglio farvi trattenere il respiro: non ho vinto il premio Calvino. Ho avuto, però, la mia scheda di valutazione: alcune delle loro considerazioni le ho trovate interessanti e condivisibili, altre mi hanno fatto pensare “ma che libro hanno letto?”
Ho pianto per due giorni, forse tre. Lo so, ho detto che non speravo di vincere ma la delusione c’è sempre (forse, dentro di me, speravo di finire almeno nei menzionati).
Devo ammettere che in questo percorso che mi ha fatto arrivare alla pubblicazione ci sono state tante lacrime e tanti momenti di sconforto. Se avessi avuto un euro per ognuno di loro, non dovrei più cercare lavoro.
Non mi sono, comunque, persa d’animo. Spesso, quando parlo di questo periodo dico di aver avuto “una perseveranza che rasentava la follia”.
Un sabato mi sono trascinata in una copisteria dove ho fatto stampare e rilegare quindici manoscritti (anche qui, costo non esiguo) e ho cominciato il mio ciclo “domeniche d’autore”. Di fatto scrivevo lettere di presentazione, cercavo indirizzi e imbustavo (buste grandi, gialle).
Il giorno dopo mi recavo con il mio bel sacchettone a spedire tutte le mie buste, facendo impazzire la povera impiegata delle poste. Nel mentre, facevo lo stesso anche con le case editrici che volevano l’invio digitale.
Se penso che molti di quei bustoni e di quelle mail forse non sono mai state aperte… Inutile rammaricarsi ora.
Passarono tanti mesi senza nessuna risposta, troppi per la mia impazienza da “cavolo, e pubblicatelo!” Dopo un po’ ho cercato qualcosa che potesse distrarmi, mi sono iscritta a un corso di recitazione, ho ricominciato a leggere seriamente, frequentavo eventi e presentazioni.
E me lo ricordo bene il giorno che ha cambiato tutto. Ero da sola, al Wired Festival, ai giardini Indro Montanelli. Ero andata perché avevo sentito che questa nuova casa editrice, Bookabook, avrebbe tenuto un incontro lì.
In pratica, Bookabook funziona così: tu spedisci il tuo libro per una prima valutazione. Se l’esito è positivo, entro quindici giorni ti viene comunicato il passaggio alla seconda fase di selezione. Dopo altri quindici giorni, saprai se il tuo libro è idoneo alla pubblicazione oppure no.Ma la parte complicata arriva dopo; se vieni ritenuto idoneo, procederanno alla pubblicazione del tuo libro, se e solo se, sarai riuscito a vendere in anteprima un numero di copie da loro stabilito (quando l’ho fatto io erano centocinquanta). Se ci riesci, il tuo libro verrà revisionato, impaginato, munito di copertina e venduto cartaceo o e-book sul loro sito, sui principali portali online e nelle librerie fisiche (la modalità di quest’ultima dipende, però, dal raggiungimento di un ulteriore numero di vendite). Per informazioni più dettagliate, potete scrivermi a info@nonprendeteappunti.it.
Nei tempi previsti, arrivò la lieta novella: il mio libro era stato scelto. Evviva! Ho pianto di nuovo, di gioia stavolta.
Vendere centocinquanta copie di un libro di cui c’erano solo una ventina di pagine online non era, però, così semplice e lo sapevo…
Ma diamine! Mia la storia, mio il finale. Non avrei provato a vendere centocinquanta copie, avrei venduto centocinquanta copie. Così come non avevo provato a scrivere un libro, avevo scritto un libro. Il mio romanzo avrebbe visto la luce (adoro queste metafore)!
E sono partita come una schiacciasassi, vedevo solo l’obiettivo. Dovevo impegnarmi ancora per raggiungerlo.
Non vi posso spiegare cosa ho provato il giorno che l’ho raggiunto. Vi posso raccontare però la storiella assurda (non poteva essere altrimenti, trattandosi di me) che c’è dietro.
Per tutta una serie di coincidenze, sapevo che ero vicina al traguardo ma non immaginavo che la Grande Vittoria si sarebbe materializzata nei minuti successivi. Sono andata a farmi una doccia ma, anche sotto l’acqua, sentivo il cellulare che continuava a squillare per i messaggi e le notifiche dei social.
Sono uscita dalla doccia, mi sono asciugata in fretta in furia e sono corsa (stavolta davvero!) a prendere il cellulare. Ed era lì, quel numero che avevo tanto sperato di vedere scritto. CENTOCINQUANTA.
E mi sembrava di essere Dario Fo che vinceva il Nobel con la macchina che accostava per comunicarglielo. Tutti lo sapevano, tranne me. Assurdo no? Assurdamente bello.
Piansi un’ultima volta. Il pianto migliore della mia vita.