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La solitudine dei numeri dispari

Io, olio su tela. Anni trentanove
7 Febbraio 2021 by Silvia T. Nessun commento

Compleanno numero trentanove. Un bel numerone dispari, come piace a me. Perché? Non ne ho idea. E’ un mistero, come il fatto che mi piaccia tutto quello che contiene l’albicocca ma non il frutto. E’ così.

In generale, ho sempre avuto più simpatia per i numeri dispari perché… io sono un numero dispari. Lo sono sempre stata e la solitudine del titolo non è una cosa negativa. E’ così. Non sono fatta per essere divisibile per due.

Ora la prossima domanda è: chi è così egocentrico da scrivere un pezzo sul suo compleanno? Io, ovviamente. Ricordate sempre che siamo artisti, vogliamo essere “visti”.

Per fortuna, sono finalmente arrivata a quell’età in cui si capisce tutto della vita, si diventa saggi. E quindi vi parlerò della vita e di come viverla.

Ci avete davvero creduto? Una delle poche cose che ho imparato nella vita è non credere a chi dice di volertela insegnare. La vita è come la scrittura, s’impara ma non s’insegna.

Per questo, oggi, per celebrare i miei favolosi trentanove (sì perché l’età non è solo un numero ma anni, vissuti, sentiti, amati o odiati), ho deciso di prendere in prestito qualche citazione da persone che ammiro e da cui ho imparato qualcosa.

Partirò con una delle mie preferite in assoluto:

“Sei il narratore della tua vita e puoi creare la tua leggenda, oppure no” (Isabelle Allende)

Trentanove anni li ho vissuti così, sono sempre stata la narratrice della mia storia. E, nel mio prossimo libro, sarò la vera e propria voce narrante della mia storia. Chi può chiedere di meglio? A volte la mia narrazione è stata vacillante, sofferta e un po’ sgangherata… creare una leggenda non è così facile! Io però ce la metto tutta e chissà, magari tra altri trentanove anni, sarò una leggenda! In qualunque modo vogliate intenderla.

“Per diventare libero, cambiare, cambiare” (Cambiare, Alex Baroni)

Il cambiamento, per me, è sempre stato fondamentale. Io sono cambiata tante volte ma, soprattutto, ho cambiato. Il mio modo di vedere le cose, il mondo. Ho sempre messo in discussione ogni cosa che non mi convinceva. Ed erano poche le cose che mi convincevano fino in fondo. Alcune, alla fine, le ho accettate. Su tutte le altre mi sono fatta un’opinione mia. Questo mi ha fatto “diventare libera, cambiare” come diceva Alex Baroni nella canzone.

“Una caduta  dal terzo piano è dannosa quanto una dal centesimo. Se proprio dovrò cadere, che sia da un punto molto alto.” (Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto, Paulo Coehlo)

In questi trentanove anni sono caduta da piani molto più bassi del terzo, a volte perfino da ferma in un punto (questa magari ve la racconterò un giorno, fa ridere!) e mi sono fatta un male pazzesco. Ma ha ragione Coelho, che senso ha proteggersi sempre con tanta cautela? Cadrete, non potrete evitarlo. E vi farete male. E allora pensate in grande, sognate in grande, sentite in grande. Cadete da più in alto. Non è vero che le dimensioni non contano, soprattutto se si tratta della vostra vita. Qualcuno ha tentato di dissuadermi dal vivere sempre di pancia ma… beh non ci sono riusciti. Come tutto il resto, ci ho pensato e mi sono fatta un’idea sulla cosa. E questo è quanto.

“Isn’t ironic, don’t you think?” (Alanis Morrisette, Ironic)

C’è bisogno di spiegarla? Forse una delle cose più fighe che ho imparato è vedere l’ironia nella vita, nel mondo. Come andavo predicando quando pubblicizzavo “Un momento di chiarezza”, la vita è una bilancia perfetta tra la sofferenza e l’ironia. Non ci credete? Ci sta, potrebbe non essere vero ma vuoi mettere pensare “non è ironico, non credi?” di una cosa brutta e farvi una risata? Io ti ho creduto Alanis e sono contenta di averlo fatto.

“Nun te pijà coller” (Mia nonna, Melito Maria)

Tradotto per Bergamo alta: “Non ti arrabbiare”. La cosa più difficile di tutte da mettere in pratica e mia nonna lo sapeva. Per questo me lo ripeteva spesso.

Venerdì scorso uno di quei pazzi condomini per cui lavoro mi ha urlato dietro (un normale venerdì insomma) e gli ho buttato giù il telefono. Ha richiamato dicendo “che avrebbe telefonato ogni due minuti per tutto quel pomeriggio”, che si sarebbe divertito così.

Nonna, forse anche tu avresti voluto mandarlo a cagare! Ma io, memore di tanto buon consiglio che mi hai dato, ho risposto con moto calma: “E io le attaccherò il telefono in faccia ogni due minuti”. Lui mi ha detto: “Non ci credo che lo farà” e io, con il mio tono placido, gli ho risposto: “Non mi metta alla prova. Tanto io devo stare qui tutto il pomeriggio, non mi costa niente.”

Morale, ha chiamato tre volte con conseguente cornetta attaccata e poi ha smesso. La calma ha vinto, lunga vita alla calma!

Ma questo è solo uno dei tanti esempi. Quando stavo male per amore, quando le cose non andavano come volevo, quando il lavoro andava e veniva. La calma. Quanto è difficile! Non mi riesce sempre. C’è ancora da lavorarci.

Spero che queste belle citazioni abbiano insegnato qualcosa anche a voi, ma restate sintonizzati perché voglio regalarvi qualcos’altro per il mio compleanno: il segreto della vita.

Anzi, lascerò che sia Jack Palance a dirlo a Billy Crystal nel mitico film “Scappo dalla città – La vita, l’amore e le vacche”:

Ricordatevi sempre queste cose: niente è come guidare una mandria, la parola è sempre pizza, sembra talco ma non è.

Mazel tov!

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Manuale

E se conoscessimo già il finale?

27 Dicembre 2020 by Silvia T. 3 commenti

Una domanda che mi sono posta molto spesso a livello personale e come scrittrice é: se conoscessimo già il finale, cambierebbe il percorso?

Se sapessimo che un amore finirà, che litigheremo con il nostro migliore amico e non lo rivedremo mai più o se sapessimo come moriremo e quando, faremmo le cose in modo diverso? O avremmo fatto le cose in modo diverso?

Quando penso a me come scrittrice e come narratore onnisciente, so che i miei personaggi devono compiere un viaggio per arrivare in un punto, anche se so che forse la destinazione non é bella. Ma è il loro percorso e devono farlo, nonostante tutto.

Nella vita é tutto più complicato ovviamente. Non sappiamo cosa accadrà domani ma voglio creare un piccolo artificio letterario: e se lo sapeste? Se aveste la possibilità di conoscere il finale, cosa cambiereste? E, soprattutto, cambiereste qualcosa di ciò che avete fatto? Sarebbe tutto nelle vostre mani, niente più misterioso futuro, niente soprese.

Vorrei che ci rifletteste un attimo e poi magari se voleste condividerlo con me e con gli altri lettori del blog, sarebbe una cosa interessante.

Rifareste tutto quello che avete fatto? E, ovviamente, quale narratore, non posso esimermi dal rispondere (spoilerando anche un po’ il tema del mio prossimo libro o, almeno, la direzione che sembra stia prendendo).

Penso che uno dei miei più grandi successi personali sia poter rispondere sì a questa domanda. Rifarei tutto; ogni viaggio, ogni cazzata, ogni sbronza, ogni lavoro, ogni amore, ogni figuraccia…Tutto.

Potrei dirvi che é perché tutto quello che ho fatto mi ha reso la persona che sono oggi ma non é per questo. Non é che abbia capito tutte queste cose della vita. Rifarei tutto perché la vita é un tentativo. Più di uno sei fortunato e ti vengono concesse delle seconde o terze chance. Io sono una che agisce di pancia alla fine, se sento qualcosa la devo fare. E così ho fatto. Tanti splendidi tentativi.

Gli esseri umani non sono onniscienti come gli scrittori, cadono (e ve l’avranno fatta cinquanta milioni di volte questa metafora!) e si rialzano, in qualche modo, feriti e barcollanti. Quello che nessuno vi dice mai é che cadendo, spesso, ci si fa un male assurdo. Un male che ti spezza dentro.

E allora pensateci un attimo: se sapeste già che ci sarà quel male, agireste diversamente? Se la risposta é sì, non aspettate ancora. Agite diversamente in questo nuovo anno, perché nessuno vi racconterà il futuro. No, neanche Paolo Fox!

Quindi vi restano solo i tentativi. Tentate. Ogni giorno.

Buon anno nuovo a tutti!

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La morale

5 Ottobre 2020 by Silvia T. Nessun commento

Non mi piace come parola. Non so mai come rispondere quando mi chiedono: “qual è la morale del tuo libro?” Non penso che ci sia nel mio libro. O meglio, se deve esserci una morale è che non c’è, che le persone sono diverse, le esperienze posso essere simili ma mai del tutto uguali e che a volte non abbiamo tutti gli elementi per valutare una situazione anche se pensiamo sia così.

Forse non mi piace il termine “morale” perché implica un giudizio e non mi è mai piaciuto giudicare le persone e… anche i personaggi. Nella mia vita così come nella mia scrittura, ho imparato molto di più cercando di capire che giudicando.

Eppure tutti vogliono sapere se in quello che scrivi che c’è una morale. E’ come se volessero farti dire dove devono cercare, se quello che hanno capito è vero o falso.

La persone si sottovalutano quando leggono (strano perché su tutto il resto spesso si sopravvalutano) perché, spesso, sono io che chiedo a loro in che cosa si riconoscono nel mio libro e le risposte sono sorprendenti. In senso positivo ovviamente.

Questo è un po’ il segreto di ogni bravo scrittore, parlare di te ma non parlare di te, parlare di sé stesso ma non parlare di sé stesso.

Ho sempre pensato a me stessa come qualcuno che racconta delle storie non come una che impartisce delle lezioni di vita. Chi sono io per fare la morale a voi?

Ci sono però tanti esempi in letteratura di persone che scrivevano “manuali di vita” più che storie ed è comprensibile. Una volta gli scrittori erano anche intellettuali, baluardi di cultura e di politica, che potevano permettersi un po’ di ostentata saccenza.

Non credo che gli scrittori attuali possano permettersi d’impartire lezioni sul mondo ma questa è una mia opinione.

Quello che mi piacerebbe però vedere nei lettori, a prescindere da come si pone le scrittore, è un po’ più di spirito critico. E per spirito critico non intendo prenderli a parolacce su un post di Facebook, intendo formulare delle riflessioni di senso su ciò che leggono che non deve essere necessariamente uguale ma neanche simile a quello che lo scrittore vuole trasmettervi.

Insomma, se mi seguite, ormai avrete capito che io sono una che va predicando il ragionamento con la propria testa, nella lettura, nella scrittura e nella vita.

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Come scrivere del Covid?

30 Maggio 2020 by Silvia T. Nessun commento

Non scrivendo del Covid. Non vi preoccupate, ora vi spiego.

Mi è capitato di vedere su alcuni gruppi di scrittori e lettori a cui sono iscritta, dei post dove le persone affermano che non leggerebbero mai un libro sul Covid, perché non vorrebbero mai rivivere questo periodo.

Lungi da me dire alle persone cosa leggere ma una cosa che posso fare è parlare agli scrittori: voi dovete scrivere del Coronavirus.

Lo so, il pubblico è sovrano ma, nel tempo, le cose cambieranno. Le persone vorranno leggere di qualcosa che hanno vissuto e i bambini che oggi hanno vissuto chiusi nelle case, inconsapevoli di ciò che stava accadendo fuori, vorranno sapere, conoscere.

Noi siamo sopravvissuti a una pandemia e siamo scrittori. Siamo la memoria delle generazioni future. Non hanno scritto delle guerre perché è triste? Non sono stati pubblicati libri sull’Olocausto perché era deprimente? Non scherziamo, ragazzi. Abbiamo l’opportunità di raccontare un’esperienza umana potente vissuta praticamente da tutto il mondo. Non abbiamo più Calvino, Sepulveda o Shakspeare per scriverne. Ci siamo noi e abbiamo il dovere morale di trasmettere la storia e la Storia.

Abbiamo già parlato di come, nel tempo, gli scrittori abbiano raccontato le epidemie e la malattia. Lo hanno fatto con ingegno, creatività, ognuno in modo diverso (perché come abbiamo già detto, la vera novità sta nel “come” si scrive, non nel “cosa”).

E poi, io credo che non si debba parlare necessariamente solo di dolore e morte quando si scrive del Covid o delle cose brutte in generale.

La vita è un pacchetto completo. Si scrive della morte per scrivere della vita, si scrive del dolore per scrivere della felicità. Siamo parte di una contorta quanto perfetta bilancia in cui tutto si completa. Sarebbe assurdo escluderne una parte. Ci saranno scrittori che ci faranno ridere e distrarre dalla vita reale. Ne abbiamo bisogno. E ci saranno quelli che ci faranno piangere e riflettere. E ne abbiamo bisogno in egual modo.

Non escludo poi che ci saranno scrittori che ci faranno ridere e piangere insieme. Io spero di riuscire a farlo, perché credo che la vita sia così. Come scrive Rilke:

“Lascia che tutto ti accada: bellezza e terrore. Si deve sempre andare: nessun sentire è mai troppo lontano.“

In definitiva, io vi chiedo di scrivere del Covid senza scrivere del Covid. Cercate punti di vista nuovi, modi di rielaborare questa pandemia come una parte della vita umana. E avremo una testimonianza, la vostra narrazione di questo momento che stiamo vivendo.

Scrivete!

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We can be heroes

18 Marzo 2020 by Silvia T. Nessun commento

Oggi ho visto un po’ di numeri e ho capito che siamo tanti, così ho deciso di utilizzare questo post per veicolare un messaggio importante, che spero ci aiuti a combattere la malattia.

Sarò breve, anche perché sono un po’ malaticcia anch’ io (solo un raffreddore… niente di grave).

Mai avrei creduto di vivere una situazione del genere, forse qualche volta ho pensato a una guerra per tutte le tensioni politiche ma una pandemia, in un Paese industrializzato, non mi è mai passato per la testa. Noi abbiamo la Scienza dalla nostra e io credo nella Scienza.

Ma sapete in cos’altro credo? Credo che ci siamo ritrovati a far parte della Storia (quella grande) e della storia (quella più piccola che vita di tutti).

E possiamo essere i protagonisti della nostra storia. Gli eroi. Quelli che salvano gli altri. E non dobbiamo neanche maneggiare una spada per farlo! Ci basta non uscire di casa. E salveremo la vecchietta tanto carina che vediamo ogni giorno a passeggio con il marito, quando andiamo a lavoro. Salveremo quella coppia di ragazzi che si è appena trasferita nel nostro palazzo. Salveremo quel bambino che ci saluta, seduto nel carrello del supermercato.

Salveremo il mondo forse, chi lo sa.

E ci basta stare a casa. Quindi, non uscite. Restate in casa! Salvate il nonno, la madre, il nipote, la figlia di qualcuno…

Lo so, ve l’hanno detto tutti. Ma forse non vi hanno detto quanto importante sia il vostro gesto.

Quelli che combattono in primi linea, i medici, gli infermieri, i tecnici, quello che vi assicurano il cibo, quelli che puliscono (ebbene sì, ce li scordiamo sempre ma c’è qualcuno che li pulisce quegli ospedali pieni di malati), devono stare in trincea.

Ma noi possiamo aiutarli stando a casa. Noi possiamo essere eroi!

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