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La costruzione di un successo: L’amica geniale

4 Marzo 2020 by Silvia T. Nessun commento

Oggi faremo una cosa un po’ diversa, perché secondo me può aiutarvi. Analizziamo un libro, anzi una quadrilogia, che sappiamo aver avuto successo in Italia e nel Mondo: “L’amica geniale” di Elena Ferrante.

Io l’ho letto alcuni anni fa perché tutti ne parlavano e volevo capire il perché. In fondo, era davvero da parecchio che un romanzo italiano non s’imponeva sulla scena letteraria mondiale.

Questo succedeva prima della serie tv, quindi eravamo ancora un passetto indietro rispetto a dove siamo oggi.

Per i pochi che non conoscessero ancora la trama de “L’amica geniale” e i vari seguiti la storia è più o meno questa (non voglio spoilerare niente): Lenù (Elena) e Raffaella (Lila) sono due bambine nate in un rione di Napoli nel primo dopoguerra. Insieme affronteranno tutte le tappe della vita, sullo sfondo di cinquant’anni di storia italiana.

La mia opinione: i libri sono molto belli. Ho trovato il terzo “Storia di chi fugge e di chi resta” il più lento tra i tre (poteva essere più corto) ma la scrittura è impeccabile e la storia si fa leggere.

Come ha fatto a ottenere tutto questo consenso? Io ora vi dico la mia ma mi piacerebbe sentire anche la vostra opinione in merito.

La storia dell’amicizia tra le due bambine, poi ragazze e poi donne, che poteva scadere in luoghi comuni, si tinge invece di sfumature nuove, indagando nei sentimenti più profondi (anche cattivi) delle protagoniste. La Ferrante non ha paura di rendere Elena, una delle sue protagoniste, nonché voce narrante dell’intera storia, una persona un po’ antipatica, a dire il vero.

E anche Lila, che vive di estremi senza curarsi di niente e di nessuno non è sicuramente un esempio di bontà e virtù.

Eppure questo le rende vere. Vere perché Elena è insicura e invidiosa di Lila ma riesce a fare di questi sentimenti negativi la forza per uscire da una realtà a cui sembrerebbe condannata; vere perché Lila è volgare, tiene un pugno tutti con il suo umore instabile ma è coraggiosa, non ha paura neanche della malavita del rione.

E ora lui, l’altro personaggio di questi libri: “il Rione”, un’entità a sé stante in un Italia che sta affrontando tanti cambiamenti. Il Rione no. Rimane immobile, fossilizzato nelle tradizioni che l’hanno sempre governato. I ricchi comandano sui poveri. I malavitosi comandano su tutto.

Inoltre, sullo sfondo (e poi una delle protagoniste ne verrà toccata direttamente), c’è un’Italia che cambia e che cresce mentre Lenu’ e Lila cambiano e crescono. Questo parallelo è potente, si sente nella narrazione.

Ricapitolando: protagoniste reali, luoghi caratteristici, sfondo sociale interessante. Questi sono i motivi che fanno de “L’amica geniale” un successo mondiale; in più, il “mistero Ferrante” che ancora tiene banco è stata una bella mossa.

In un momento in cui tutti appaiono anche se non hanno niente da dire, lei/lui (ma secondo me è lei), decide di rimanere invisibile. Quale miglior invito a leggere le sue opere?

E poi, diciamolo, perché nella vita ma forse nell’editoria ancora di più, ci vuole c**o e forse “L’amica geniale” lo ha avuto. Stavano cercando questo tipo di libro e lui si trovava nel punto giusto al momento giusto.

Devo dire, inoltre, che anche la serie tv mi ha lasciato soddisfatta. Per quanto giovani, le protagoniste rispecchiano le caratteristiche del libro, la storia è fedele e i luoghi, cavolo, i luoghi sono proprio come me li ero immaginati nella mia testa.

E voi? Avete letto i libri? Attendo opinioni.

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Dacci oggi il nostro pane quotidiano

7 Agosto 2019 by Silvia T. Nessun commento

Esistono due tipi di scrittori:  il primo butta fuori tutto quello che ha dentro per poi correggerlo in fase di revisione, il secondo sceglie minuziosamente le parole e non va avanti finché la frase non è perfetta.

Non credo che esista un modo giusto di scrivere; posso dirvi che io faccio parte della prima categoria. Aiutata (?) soprattutto dal fatto di avere poco tempo per scrivere (praticamente la prima stesura è avvenuta su un quadernino a quadretti grandi in un bar), ho cercato di impostare le cose principali, prima che le dimenticassi.

Era il posto giusto? Credo proprio di no. Ma siamo arrivati al traguardo, quindi…

A volte, (e questa è una mia parentesi personale) ci facciamo bloccare da parole che sono molto più flessibili di quello che crediamo.”Giusto” ad esempio: stiamo facendo qualcosa nel modo giusto? E’ la persona giusta per noi? Non credo che esista un modo di giusto di scrivere (Joyce non usava la punteggiatura) né una persona, se proprio volete saperlo. La persona giusta diventa giusta quando vi scegliete e funziona. Ecco, per citare Woody Allen direi: “Basta che funzioni”. Insomma, ci sono cose che nascono perfette e non funzionano e cose che, invece, fanno una presa che non credevamo. A volte, succede.

Perché mi sto infilando in questo vaneggiamento? Perché in queste poche righe volevo affrontare l’annosa questione del dove, quando e quanto scrivere.

I più fortunati di noi (non io ovviamente) potrebbero ritrovarsi a dover decidere tutte e tre queste cose. In linea di massima, io vi consiglio di scrivere tutti i giorni ma di non farlo diventare un’ossessione se quel giorno non vi viene niente. Gli scrittori sono persone, non macchine; può essere che, dopo aver lavorato otto ore, vi venga fuori una sola riga e neanche tanto bellina. Sempre Joyce, una volta scrisse : “Oggi sono contento. Ho scritto una riga”. E stava per regalare al mondo l‘Ulisse, non il manuale delle giovani marmotte.

In generale, per noi che, non so, lavoriamo a tempo pieno, ci dobbiamo occupare dei nostri sette figli (sette?! Mio Dio!), che siamo impossibilitati a crearci un’agenda solo sulle nostre esigenze, direi che la cosa migliore è scrivere quando si ha un po’ di tempo libero e la mente più fresca. Lo so, non è facile vero?

E cominciamo a sgretolare l’errata convinzione che scrivere sia un mestiere facile. Non lo è. Se hai passione e voglia, sarà meno duro ma comporta comunque un dispendio di tempo ed energie.

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