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Manuale

Il self publishing

6 Maggio 2020 by Silvia T. Nessun commento

Non c’è due senza tre e, se avete contato bene, manca solo lui all’appello: il self publishing. E’ tanto discusso, amato e odiato che, qualunque cosa dirò andrò contro qualcuno ma fa parte dell’essere sinceri. Partiamo dal presupposto che è un metodo relativamente “nuovo” per pubblicare e come tale può e continua a migliorare.

E, sinceramente, io non mi sento né di raccomandarvelo né di sconsigliarvelo a prescindere.

Se siete dei lettori fedeli, vi ricorderete che, all’inizio di questa fantastica guida intergalattica per scrittori emergenti, vi ho detto che uno scrittore deve prendere tante decisioni; non mi riferivo solo alla trama, alla copertina o alle cose da tagliare in fase di revisione. Significa anche decidere cosa fare del tuo libro una volta che è bello finito e impacchettato.

Per cui vi elencherò le ragioni per cui ho scelto di non autopubblicarmi:

  • era il mio primo romanzo, avevo un po’ paura di toppare, volevo avere delle opinioni da un professionista, un editor insomma;
  • tu sei Nessuno. Esatto, non ve la prendete. Un esordiente con il suo primo libro in mano è il Sig. Nessuno in persona. Quindi io, Sig. Nessuno, pubblico un libro, passato solo dal mio giudizio (e credetemi, c’è tanta gente che non sa scrivere che pensa di saperlo fare), nel mare magnum di Internet… sono praticamente una barchetta alla deriva. La quantità di fattore C che ti serve per essere trovato da un numero di lettori decente tra le milioni di autopubblicazioni che circolano, dovrebbe moltiplicarsi in maniera esponenziale! Essere trovati è praticamente impossibile senza qualcuno che punti il dito sul tuo libro. E questo ve lo confermo, perché negli ultimi mesi, sto scrivendo su una famosa piattaforma sotto pseudonimo e, ragazzi, non mi si fila nessuno. Per fortuna io lo stavo facendo un po’ per gioco, un po’ per provocazione. Vi dico solo che ragazzini che non sanno usare il verbo avere, su questa piattaforma scoppiano di follower. E la qualità? Traetene voi le conclusioni. Vi dico solo che, in questa quarantena, ho letto molti più post sui social di quanti avrei dovuto e mi sono profondamente avvilita. Neanche le basi dell’italiano…
  • volevo essere “scelta”. Vanità? Egocentrismo? Sì, probabile! Ma anche quel dubbio che penso serpeggi in tutte le menti umili: “e se avessi scritto una cagata pazzesca”?
  • “Un momento di chiarezza” è una storia particolare, non sapevo quanto le persone l’avrebbero ben accolta. La trama di fondo è, di fatto, banale. Devi leggerlo per scoprire le sue particolarità;
  • non volevo vendere il mio libro come una cassa di frutta;
  • ultimo ma non ultimissimo: le copertine dei libri autopubblicati sono veramente brutte! O hai la fortuna di avere un amico o un parente che bazzicano nel disegno o rischi di trovarti una copertina improponibile. E come abbiamo già detto, la copertina fa.

Questa è stata la mia scelta, quello che credevo essere meglio per il mio libro. Ora voi dovete fare quello che è meglio per il vostro. E non flagellatevi se le cose non vanno come avevate previsto.

Sappiate che, di fatto, l’autopubblicazione è una scommessa su voi stessi, come scrittori ma anche come “venditori”del proprio libro. Quindi, se decidete per questa opzione, preparatevi ad accontentarvi di una piccola fetta di pubblico, composta di amici e parenti o siate sfacciati.

Provateci davvero, con impegno! Rischiate!

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Manuale

I miei scrittori, le mie rockstar

19 Febbraio 2020 by Silvia T. Nessun commento

Quando ero bambina, volevo fare la scrittrice. Pensavo che per farlo, avrei dovuto scrivere. Solo scrivere. Logico no? Scrittrice uguale scrivere. (In questo paragrafo la parola scrivere è ripetuta quattro volte, per rendere più efficace il concetto!)

Quando io ero bambina però, il mondo era diverso: non c’era Internet. O meglio, era una realtà agli albori. Pensate che ho avuto il mio primo cellulare a diciotto anni! Lo so, è strano pensarci adesso. Chi nasce in questi anni è già immerso nella tecnologia.

I libri che leggevo erano scritti da persone inarrivabili, spesso morti (leggevo molti classici), delle rockstar! Di molti non si sapeva quasi nulla, i dettagli della loro vita personale erano riservati. Spesso venivano fuori dopo la loro morte. Il successo era decretato dal fatto che il loro romanzo arrivasse o meno al pubblico. Eh sì, questo rimane sempre uguale…

Oggi non è più così; la maggior parte degli scrittori ha una pagina social, scrive per riviste o blog, si fa conoscere dal suo pubblico in altri modi, come persona.

Nel mio caso in particolare (pubblicazione con crowfounding) ho scoperto che uno scrittore deve avere competenze in marketing, statistica, grafica, social media e qualche base di economia. Con un po’ di duttilità, ne ho imparate alcune e altre le ho recuperate in giro.

Quindi scrittrice non vuole dire più solo scrivere? Certo! Ma c’è altro: il rapporto tra scrittore e lettore si fa più intenso. “Conoscere” diventa la parola chiave.

Solo cinque mesi fa ero davanti alla casa di Stephen King (che vedete nella foto)! Chi l’avrebbe mai immaginato quando ho letto “Carrie“! Questo perché tutti sanno dove abita Stephen King.

Una volta, una persona mi disse: “Hai scritto un libro? Ma hai fatto anche altro? Sì, perché prima devi diventare famosa e poi scrivere un libro”. Per quanto sia terribile sentirsela spiattellare in faccia con tanta sincerità, la considerazione è giusta: se fossi stata già famosa e, quindi, conosciuta, pubblicare un libro sarebbe stata una passeggiata.

Per me la verità sta nel mezzo, come al solito. Da piccola sconosciuta scrittrice esordiente, mi piace avere il feedback delle persone su quello che scrivo, mi piace che sappiano che sono una tizia molto comune con gli stessi problemi di tutti. (In fondo, uno scrittore, un po’ egocentrico lo è, altrimenti non potrebbe fare questo mestiere).

Ma ed è un grosso ma, c’è un limite: lo scrittore non deve essere influenzato dal pubblico prima ancora di scrivere. Le case editrici vorranno la mia testa ma la verità è: se volete scrivere qualcosa di buono, non dovete pensarlo per gli altri ma per voi stessi. Una volta scritto, deciderà il pubblico se gli piace o meno.

Il “ma” del pubblico è che i lettori non dovrebbero farsi influenzare dalla fama per comprare un libro. Dovrebbero decidere in base ai propri gusti e alla qualità di quello che leggono.

E’ difficile, lo so. Per entrambe le parti in gioco. Ma vuoi mettere l’orgoglio di cui ero piena ieri sera mentre il mio libro era su uno scaffale in attesa di essere comprato e letto? Io voglio che quante più persone lo leggano perché io “conosco” il mio libro, so che è vero e che mi piace.

Vi dirò… Sarebbe stato stupendo anche prendere un tè (e non piace!) con Jane Austen o un caffè con Marquez o andare a fare la spese con la Woolf o con la Allende. E potrei fare un elenco infinito. Probabilmente avrei preparato delle domande da fare loro e poi mi sarei bloccata come una ragazzina emozionata.

Che vi dicevo? Rockstar!

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