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Manuale

Il tempo narrativo

7 Giugno 2022 by Silvia T. Nessun commento

Era giugno.

Nel giro di dieci giorni, mi ritrovai senza lavoro e fidanzato. Stavo vivendo un bel momento che è finito di colpo, lasciandomi a terra.

Mi chiusi in casa per capire quale poteva essere la prossima mossa, se c’era “una prossima mossa” e mi sono lasciata andare.

Finché un giorno, mi alzai dal letto e pensai che avevo piagnucolato per due anni perché volevo scrivere un altro libro ma non avevo avuto il tempo che mi serviva per farlo bene.

E in quel momento, finalmente, ce l’avevo.

Era il momento di ricominciare a scrivere.

E questo è l’inizio di una grande storia 😉

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Manuale

E se conoscessimo già il finale?

27 Dicembre 2020 by Silvia T. 3 commenti

Una domanda che mi sono posta molto spesso a livello personale e come scrittrice é: se conoscessimo già il finale, cambierebbe il percorso?

Se sapessimo che un amore finirà, che litigheremo con il nostro migliore amico e non lo rivedremo mai più o se sapessimo come moriremo e quando, faremmo le cose in modo diverso? O avremmo fatto le cose in modo diverso?

Quando penso a me come scrittrice e come narratore onnisciente, so che i miei personaggi devono compiere un viaggio per arrivare in un punto, anche se so che forse la destinazione non é bella. Ma è il loro percorso e devono farlo, nonostante tutto.

Nella vita é tutto più complicato ovviamente. Non sappiamo cosa accadrà domani ma voglio creare un piccolo artificio letterario: e se lo sapeste? Se aveste la possibilità di conoscere il finale, cosa cambiereste? E, soprattutto, cambiereste qualcosa di ciò che avete fatto? Sarebbe tutto nelle vostre mani, niente più misterioso futuro, niente soprese.

Vorrei che ci rifletteste un attimo e poi magari se voleste condividerlo con me e con gli altri lettori del blog, sarebbe una cosa interessante.

Rifareste tutto quello che avete fatto? E, ovviamente, quale narratore, non posso esimermi dal rispondere (spoilerando anche un po’ il tema del mio prossimo libro o, almeno, la direzione che sembra stia prendendo).

Penso che uno dei miei più grandi successi personali sia poter rispondere sì a questa domanda. Rifarei tutto; ogni viaggio, ogni cazzata, ogni sbronza, ogni lavoro, ogni amore, ogni figuraccia…Tutto.

Potrei dirvi che é perché tutto quello che ho fatto mi ha reso la persona che sono oggi ma non é per questo. Non é che abbia capito tutte queste cose della vita. Rifarei tutto perché la vita é un tentativo. Più di uno sei fortunato e ti vengono concesse delle seconde o terze chance. Io sono una che agisce di pancia alla fine, se sento qualcosa la devo fare. E così ho fatto. Tanti splendidi tentativi.

Gli esseri umani non sono onniscienti come gli scrittori, cadono (e ve l’avranno fatta cinquanta milioni di volte questa metafora!) e si rialzano, in qualche modo, feriti e barcollanti. Quello che nessuno vi dice mai é che cadendo, spesso, ci si fa un male assurdo. Un male che ti spezza dentro.

E allora pensateci un attimo: se sapeste già che ci sarà quel male, agireste diversamente? Se la risposta é sì, non aspettate ancora. Agite diversamente in questo nuovo anno, perché nessuno vi racconterà il futuro. No, neanche Paolo Fox!

Quindi vi restano solo i tentativi. Tentate. Ogni giorno.

Buon anno nuovo a tutti!

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La generazione Y

4 Luglio 2020 by Silvia T. Nessun commento

“Con i termini generazione Y, millennial generation, generation next (generazione successiva) o net generation (generazione della rete) si indica la generazione che, nel mondo occidentale o primo mondo, ha seguito la generazione X e alla quale succede la generazione Z: coloro che ne fanno parte – detti millennial(s) o echo boomer(s) – sono i nati fra i primi anni ottanta e la metà degli anni novanta.[1][2]; è dunque la generazione “del millennio“, ovvero coloro nati alla fine del XX secolo.” Wikipedia

Solo io la trovo una definizione complessa?

Non avevo mai pensato di essere una “millenial”, io mi ricordo che ero la generazione in cui non si dava un nome alle generazioni.

E Y poi? Che lettera è? Quando giocavamo a “nomi, cose, città”, quando qualcuno beccava la Y si annullava e si pescava di nuovo.

Ecco che generazione siamo. Quella che si passa per arrivare a un’altra. Cioè, siamo nell’alfabeto ma parlandoci chiaramente: una cosa che comincia per Y? Siamo stati lasciati sul foglio senza che nessuno ci abbia fatto giocare.

Le premesse erano fantastiche, eravamo bambini nel boom economico, quando il buco nell’ozono era ancora un piccolo pertugio, quando non si moriva perché mangiavi il glutine e siamo cresciuti senza Internet e cellulari.

Meglio? Peggio? Non è questo il punto.

Lasciate che vi racconti qualcosa della generazione Y, la mia generazione.

Non ho paura a dire che, ormai, noi Y siamo arrivati alla soglia della quarantina ed è più facile vedere ora quello che è stato.

Che ci sia andata bene o male, possiamo affermare che siamo stati la generazione più danneggiata dalla società italiana. I problemi delle generazioni seguenti viene dal danno fatto a noi.

Allora, io ho provato, nel mio lungo percorso, ad affittare e a comprare una casa e volevano un rene in cauzione (organo vitale che se ne sarebbe andato). E, in questa società che demanda tutta la pressione sulla famiglia di origine, senza un padre danaroso o un marito, non puoi essere indipendente fino in fondo. Da donna, è così che mi sento e che mi sono sempre sentita.

Con noi sono nati, precarietà, stagismo professionale (termine con cui indico chi, a causa della contingenza, è diventato uno stagista di professione. Uno dei grandi errori è stato permettere la nascita di questa figura in Italia. Non eravamo in grado, bisognerebbe solo abolirla ormai, non c’è possibilità di sistemarla), amore liquido (e qui prendo il nome dalla sociologia per indicare relazioni amorose “di merda”. Scusate il francesismo ma non mi viene in mente altro) e abbiamo aperto la strada ai famosi “bamboccioni” (quando ho sentito per la prima volta questa definizione mi è quasi esploso il fegato dalla rabbia ma, tranquilli, ora sta bene).

Cosa c’entra questo con la scrittura? Forse non l’ho detto abbastanza volte: tutto c’entra con la scrittura. Scrivere è parte di un vissuto.

E il nostro vissuto è quello di una generazione con grandi sogni, rassegnarsi al fatto che le cose debbano essere così non ci va proprio giù. D’altronde, come dico sempre, il giro sulla giostra è uno e non ce ne concederanno un altro. Siamo sognatori. Potete biasimarci?

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