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Politically correct

28 Giugno 2020 by Silvia T. 2 commenti

AVVERTENZA: SE STATE CERCANDO UN POST PIENO DI LUOGHI COMUNI E FRASI FATTE, SMETTETE DI LEGGERE.

Chi mi conosce sa che io non sono politically corret; non tutti i bambini sono belli, non tutti gli anziani sono brave persone e il finto buonismo mi fa paura, più della vera cattiveria.

E ora mi trovo immersa in una voglia disperata di sembrare quello che non riusciamo veramente a essere nelle vita di tutti i giorni.

Ho vissuto sempre nel rispetto delle persone senza preoccuparmi del colore, della religione, dell’orientamento sessuale… Le uniche persone che non rispetto sono quelle che, con i loro comportamenti, mi hanno dimostrato di non essere degne di questo rispetto.

Perché il loro modo di essere o le scelte che altri fanno dovrebbero essere un problema per me? Se non si ripercuotono sulla mia vita…

Comunque, il punto qui è che si stanno facendo delle considerazioni assurde anche sui mestieri artistici tra cui la scrittura, che mi sembrano far perdere il punto più che sottolinearlo.

Quando ho visto George Floyd per terra in quel video, mi sono quasi sentita male e ho pensato: “Come si può usare tanta violenza contro un uomo immobilizzato?” E mi sembra totalmente assurdo che in ogni serie in onda nella Stati Uniti ci sia obbligatoriamente un personaggio di colore mentre nella realtà la polizia si comporta così con i neri perché sono neri.

Di che cosa stiamo parlando? Non mandiamo in onda “Via col vento” perché Mami era trattata come una donna di colore senza diritti, esattamente come nella realtà di quel periodo? E poi? Toglieremo di mezzo libri, film e serie che parlano del razzismo o dell’Olocausto perché persone di colore ed ebrei vengono torturati e uccisi? E’ così che è andata, anche se non lo mostriamo, la Storia non si cambia.

La scrittura poi, in senso ampio (libri, film, serie), non può e non deve piegarsi a questa logica del politically correct. L’unica cosa che comanda quando scrivi è la storia, tutto deve ruotare intorno a quella e non all’indice di diversità.

Ora sembra che qualsiasi storia per essere reale debba avere un personaggio di colore (qualsiasi), un gay o una lesbica (bisessuale sarebbe meglio) o con un disturbo mentale.

Nel mio romanzo non c’era niente di questo, quindi i miei personaggi erano meno reali? Io non credo proprio. Ho cercato di descrivere sensazioni universali che non conoscono razza, religione, orientamento sessuale…

Nel momento in cui pensi che devi inserirci un gay solo perché è gay o una persona di colore per garantire la diversità, categorizzi e discrimini.

L’eccesso di correttezza porta al risultato opposto. Pensiamo, invece, a come i personaggi possano essere funzionali e coerenti con la nostra storia.

Recentemente mi ha sconvolto questa cosa. Come vi ho già detto, io sono un’appassionata di serie tv. E tra quelle che adoro c’è Friends. Ho letto che una delle autrici ha orgogliosamente affermato che se Friends fosse stato girato oggi, avrebbe inserito un personaggio di colore. Perché? La storia funziona e fa ridere e affronta le sue tematiche spinose, anche se i personaggi sono tutti bianchi.

Cominciamo davvero a trattare gli altri come persone, a integrare e non a dividere, a conoscere e non a giudicare. Queste sono le cose importanti.

Il resto, onestamente, mi sembra il dito che ci indica la luna e noi stiamo tutti lì a guardarlo.

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Essere “letti”

22 Aprile 2020 by Silvia T. Nessun commento

Legittimazione? Gloria? Soldi?

Fermatemi o aggiungete opinioni, visto che avete sicuramente capito dove voglio arrivare. Ci ho pensato molto questa settimana, dopo aver letto tutti i vostri commenti sulle case editrici a pagamento. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che si sono espressi argomentando per il sì o per il no.

Perché volete essere letti? Perché volete fare gli scrittori? Nessuno v’impedisce di scrivere per il vostro piacere, evitando lo sbattimento di cercare case editrici, pubblicazioni, evitare le fregature.

Mi vorrei soffermare sul caso italiano che non prevede la scrittura come lavoro regolarmente retribuito per evitare la risposta più ovvia: “voglio guadagnare facendo quello che mi piace”. Strada difficile ma possibile in altri paesi; in Italia, non percorribile (salvo rarissime eccezioni) . Insomma, lo sapete tutti che non ci camperete scrivendo, vero?

Come al solito vi dico la mia, altrimenti non sarei qui a tenere un blog ma mi piacerebbe molto sentire le vostre opinioni (sincere, mi raccomando! Non lo faccio certo per giudicarvi, ormai lo dovreste aver capito.)

Io lo faccio per egocentrismo. Insomma, scrivo perché mi piace (ho tante di quelle idee in testa che mi entusiasma l’idea di crearci una storia sopra) voglio pubblicare perché desidero essere letta da quante più persone possibili e capire che cosa arriva loro di quello che ho scritto.

Vedete, io non ho grandi talenti. Mi sarebbe piaciuto saper suonare uno strumento o avere attitudine per la scienza (ho sempre avuto una fascinazione per le donne scienziate, tanto è vero che la mia protagonista in “Un momento di chiarezza” è un chimico) ma non ero portata.

Quando ero piccola mi veniva così naturale scrivere i temi a scuola o i miei pensieri che non immaginavo neanche di poter avere una predisposizione, che fosse una cosa particolare.

Fu la mia maestra a dirmi che potevo avere un “dono” di qualche tipo e poi boh… ero una bambina “poco visibile” (un po’ per il mio colorito pallido, un po’ perché ero strana e introversa e poi sono diventata un’adolescente incasinata quindi…) Scrivere era il mio mezzo per farmi vedere dal mondo però non facevo leggere a nessuno quello che scrivevo. Controsenso? Ero giovane!

E poi mi sono liberata dalla mia bassa autostima e sapere che la gente leggeva quello che scrivevo era fichissimo!

“Un momento di chiarezza” è stato la mia gioia. Avevo scritto un libro. Cavolo, dovevo farlo leggere! Le opzioni erano due: o quello che avevo scritto poteva essere buono e sarebbe piaciuto o poteva fare schifo e avrei fatto un bel tonfo. Ma un tonfo epico! Valeva la pena tentare.

Conosco anche delle persone che scrivono e sono felici perché solo gli amici e i parenti potranno leggere i loro scritti. Valgono di meno? Scrivono peggio? No di certo.

Per questo vi dico sempre che le persone sono diverse e gli scrittori, beh… in un modo o nell’altro sono un po’ egocentrici, hanno bisogno di essere “visti” ma ognuno a modo suo.

Non mi piacciono i luoghi comuni, quindi non vi dirò che il mondo è bello perché è vario ma il mondo della scrittura ci guadagna sempre dalla diversità e dalla creatività, anche quella che non si vede tanto.

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